Green pass morbido? No grazie

Il collante che ha permesso la costituzione del gruppo personale Unipd No Green Pass e’ l’aver messo in discussione uno strumento come la certificazione verde covid-19, che ci è parsa uno strumento poco se non del tutto inutile dal punto di vista sanitario, nonchè uno strumento di controllo politico.

Ci siamo riuniti quindi con un obiettivo che ha un respiro più ampio dei confini dell’Ateneo: mettere in discussione non solo la richiesta di questo strumento in università di Padova e nelle università tutte, ma anche in altri contesti, dove l’obbligo tocca maggiormente aspetti di socievolezza, relazionali, come l’accesso bar, ristoranti, cinema, teatri, musei.

Ci siamo ritrovati anche perche’, in ambito lavorativo tutti i maggiori e medi sindacati hanno assunto una posizione vicina alla dirigenza di ateneo, non rappresentando alcuna visione “altra”. A dire il vero, un solo, piccolo sindacato ha espresso dubbi sull’azione dell’ateneo, il CUB. Presente alle manifestazioni del sabato pomeriggio contro il green pass e presente anche alle discussioni nei canali social, si è sempre espresso per una via di mediazione, anche per non esasperare il conflitto tra controllori e controllati, a cui ha aperto il decreto 111 con l’obbligo possesso ed esibizione del green pass. Questa moderazione, tuttavia, paradossalmente apre una strada a prima vista più inclusiva e accoglibile, alla effettiva introduzione, rodaggio e messa in servizio proprio di quello strumento che come gruppo invece mettiamo in discussione. Ci facciamo carico di mettere su queste pagine numerosi spunti che indicano questa tendenza, dalle email del sindacato, dalle azioni consigliate ai colleghi su come comportarsi riguardo la compilazione della dichiarazione di accessi.

Ci preme al momento commentare una iniziativa che si svolgera’ sabato prossimo, 11 settembre, sotto il Bo, organizzata dal CUB insieme a Comilva e studenti contro il green pass (che ci premureremo di contattare per confrontarci). Nella comunicazione inviata via email a tutto il personale, a dispetto dello slogan “no green pass”, nel riquadro azzurro sono elencati quelli che sembrano i punti della piattaforma di richieste alla base del presidio. Che non sono certamente in linea con la nostra posizione. Tamponi salivari gratis per tutti? Un modo più inclusivo e universale di adeguarsi alla situazione, diminuendone i costi (alti), ma contribuendo comunque a cristallizzare una situazione di discriminazione (2 giorni invece di 12 mesi di validita) accogliendo comunque green pass!

No a controlli lesivi della privacy? Soprattutto dopo i recenti passi indietro dell’Ateneo sulla dichiarazione di accesso, avvenuti anche grazie ad azioni che non esitiamo a rivendicare fin dai primissimi giorni, come testimoniato dagli articoli del 31 agosto (http://ptaunipd.altervista.org/blog/verifica-e-diffida/), dalle lettere a titolo personale al rettore e al dg , dalle manifestazioni in cui ci abbiamo messo la faccia (http://ptaunipd.altervista.org/blog/manifestazione-nogreenpass-4-settembre/), alle proteste dei singoli lavoratori e lavoratrici che rischiando del proprio (senza essere iscritti a nessun sindacato) hanno rivendicato la loro interpretazione delle disposizioni viste come abusi accettando di non essere compresi, a volte biasimati da alcuni colleghi, accogliendo l’incertezza delle disposizioni, dei comportamenti nei loro confronti, ma contribuendo anche a svelare che non solo questo Ateneo ma anche altri atenei italiani avevano percorso la strada illegittima della raccolta dati, seguendo un ricatto (di fatto lo è) di sospensione e rischio del posto di lavoro.

Questa raccolta illegittima (stiamo preparando un corposo articolo con i riferimenti normativi) è estesa anche agli studenti che nel momento della compilazione della dichiarazione di accesso sono invitati a svelare la loro condizione vaccinale.

Rispetto di chi non si allinea comunque alle disposizioni anche mitigate? È come dire, parafrasiamo liberamente, va bene il green pass, ma non siate troppo duri con i pochi che non cedono?
Un altro punto su cui non solo il CUB non si è espresso e confrontato, ma che non ha neppure ritenuto degno di porre all’amministrazione (e neppure un accenno nell’apparizione televisiva da parte di un suo rappresentante che pur poneva dubbi importanti all’operato del rettore) è quello relativo ai 5 giorni di assenza ingiustificata del decreto 111 che, secondo le nostre interpretazioni, non è escluso possa essere usato per promuovere licenziamenti per giusta causa , indipendentemente dallo stato della successiva sospensione (http://ptaunipd.altervista.org/blog/5-giorni-di-licenziamento/).
Le due visioni nostra e del CUB, così declinate e approfondite, non possono che essere differenti. Non siamo per un green pass morbido, siamo per l’abolizione di questo che continua ad apparirci a tutti gli effetti un lasciapassare, qui in Ateneo e altrove.

Un pensiero riguardo “Green pass morbido? No grazie

  1. Maria ha detto:

    Il green pass “morbido” come la “spinta gentile” all’adeguamento. Ad adeguarsi per poter svolgere le attività della vita quotidiana che siamo pronti a dare nuovamente per scontate, sempre che ci sia ancora consentito in futuro.

    In nome e per conto di una libertà collettiva, una libertà e liberazione sociale che appare monocromatica. Che costringe anche le sfumature (reali, di vita che sfugge all’ordine) ad inserirsi in una cornice predefinita e a occupare spazi di trasgressione quasi leciti (perché così lasciati ad un controllo affievolito, per poi tornare nella cornice).

    Nei fatti, da oggi e da qualche giorno e nei prossimi mesi, se si sceglie, per qualsivoglia motivo (perché non ci sono solo ragioni razionali e non sono le uniche a “contare”) di non possedere un “lasciapassare” -di questo stiamo parlando- ci si pone in una dimensione marginalizzata, oggetto di stigmatizzazione, di allontanamento, di esclusione.

    Ora parlarne, esporsi ha anche un senso collettivo. Di cura. Di sé e dell’altro nel modo in cui si riporta al centro il senso. Il senso di ciò che facciamo.

    I tamponi gratuiti, le modifiche alle modalità di accesso alle università sono piccole conquiste, per usare una metafora cara al vocabolario prediletto proprio in questa campagna di comunicazione.
    Poter andare di nuovo al lavoro, al cinema, in un museo, a fare un viaggio. La privazione e la restituzione con limitazioni. Sembra quasi di essere tornati un po’ più liberi.
    Che questo non offuschi i nostri sensi.

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